La prima edizione delle Olympic eSport Series, appuntamento tenutosi lo scorso giugno a Singapore, è stata da molti vista come la prima vera Olimpiade di Videogiochi. Il mondo degli eSport da anni premeva per un riconoscimento ufficiale, e d’altra parte la sua crescita era ormai troppo importante per venire ignorata a lungo dai vertici delle federazioni sportive: già negli ultimi giochi Olimpici, a Tokyo, si erano tenute rassegne di eSport, uno step introduttivo per la manifestazione di Singapore, stavolta patrocinata in prima persona dal Comitato Olimpico Internazionale. Un traguardo in occasione del quale, tuttavia, non sono mancati aspetti critici: si tratta di rilievi sui quali soffermarsi, utili a fare il punto sul fenomeno e correggere, se necessario, la strada intrapresa. Una polemica in particolare, in effetti, merita riflessione: quella circa i titoli protagonisti delle Olympic eSport Series e della loro selezione. Sono stati infatti scelti titoli attinenti al mondo dello sport, limitando le competizioni videoludiche a giochi che, in maniera più o meno fedele, simulassero un determinato sport: tennis, ciclismo e vela sono solo alcuni esempi. In molti hanno rilevato come una tale scelta corresse il rischio di tracciare un confine arbitrario tra i videogiochi che possano essere considerati eSport e tra quelli che non possono ambire a tale riconoscimento. Viene da chiedersi, in altre parole, quali siano le caratteristiche che fanno di un videogioco un titolo “da eSport”.
Uno degli elementi fondamentali di un eSport è, senza dubbio, il ruolo determinante dell’allenamento. Il videogioco, come qualsiasi sport, può essere ben praticato a livello amatoriale; ma, esattamente come ogni sport, per migliorarsi è indispensabile allenarsi. Non solo, l’allenamento deve rendere possibile migliorarsi: non a caso non entrano nel panorama eSport titoli narrativi, dove protagonista è la storia piuttosto che il gameplay. Sotto questo punto di vista, può essere considerato un eSport persino un gioco con una forte tradizione in veste fisica anche il poker. Lo scenario competitivo del poker è ben noto, ma in termini di eSport emerge in particolare l’importanza dell’allenamento: eliminando aspetti legati al linguaggio del corpo, è necessario essere in grado di leggere alla perfezione quello che accade solo sullo schermo. A tal fine risulta ovviamente imprescindibile curare esperienza e preparazione, allenandosi in maniera scrupolosa per affrontare gli aspetti unici del poker online. I pro player, esattamente come gli atleti professionisti, si allenano diverse ore al giorno per perfezionare le proprie abilità su un titolo e, di conseguenza, essere vincenti ad alti livelli.
Come accennato, non si può parlare di eSport in assenza di competizione: anche in questo caso, si tratta di un elemento essenziale dell’idea stessa di eSport. La competizione videoludica affonda le sue radici in tempi non sospetti: a questa va senz’altro ricondotta, per esempio, la volontà di comparire nelle classifiche dei migliori punteggi nei vecchi cabinati arcade. I moderni eSport quindi si collocano in continuità con una competizione che, in maniera più o meno intensa, è sempre stata presente nel videogioco, portandola a livello professionale persino nel caso di titoli risalenti: a prescindere dalla presenza di un multigiocatore, non è fuori logo parlare di eSport persino nel caso di titoli come Bomberman o Tetris. Al contrario, è sicuramente impossibile parlare di eSport prendendo in considerazione un titolo la cui esperienza multigiocatore, se presente, sia limitate a un puzzle cooperativo.
L’ultimo aspetto essenziale è che sia presente una forma organizzativa professionale, di qualsiasi tipo essa sia. Si può andare dai semplici team competitivi ai nuovi settori videoludici delle più blasonate società sportive, l’importante è che sia presente un’organizzazione di fondo. Si può pensare al parallelo dell’automobilismo: in assenza di un circuito, di una scuderia o comunque di un’organizzazione, non si può parlare di automobilismo ma solo di guida. Lo stesso vale per il videogioco, dove la presenza di un torneo o un’organizzazione fa la differenza tra gli eSport e il semplice giocare ai videogiochi. Una differenza non da poco, considerando come praticamente qualsiasi videogioco, al netto di pochissime eccezioni, possa essere praticato a livello professionale.
Nessuna differenza di genere videoludico o soglia di guadagni, di tempo impiegato o di notorietà vale quindi a trasformare un videogioco in un eSport. La differenza la fanno alcune caratteristiche essenziali del come ci si approcci al videogioco: se praticato a livello competitivo, in un contesto organizzato e dove l’allenamento possa fare la differenza, si può certamente parlare di eSport.